Politica

Consiglio comunale, «controverbale» politico di una seduta dalle cose strane

Il sindaco come fosse il Presidente parla con la consigliera ufficialmente già uscita dall’aula

TEANO (Carlo Cosma Barra) – Riprendiamo da dove e come ci eravamo lasciati e come già abbiamo detto: «succedono cose strane in Consiglio Comunale!». A dire il vero, prima ancora di parlare di stranezze, alchimie, strategiche strategie, presunti colpi di genio e scendere nei particolari promessi, ci sia consentita una riflessione di massima: più andiamo avanti, più diventa difficile descrivere i fatti che accadono tra le mura di Palazzo San Francesco.

Un po’ perché ormai nessuno ha la voglia di partecipare alle riunioni consiliari, un po’ perché queste hanno perso ogni attrattiva e un poco perché alla politica, quella dei nostri giorni, fa pure comodo che le persone siano scarsamente partecipative. Le regole si interpretano a piacimento e quando si parla di «ruoli», non si comprende bene chi fa cosa e come lo fa.  La sensazione che abbiamo, almeno noi, è che i primi attori della politica locale vivano nella paura di interpretare fino in fondo il compito assegnato dalla città, preferendo nascondersi anziché affrontare le scelte, soprattutto quelle impopolari. Palpabile, come dicevamo, lo scollamento tra i cittadini e la vita politica. Ma tant’è! Ecco i fatti.

La proposta di deliberazione del rendiconto 2022.

«Se ci sono due o più modi di fare una cosa, e uno di questi modi può condurre a una catastrofe, allora qualcuno la farà in quel modo»”.

La regola generale, quella di sempre insomma, imporrebbe a tutte le parti chiamate ad esprimersi su di un punto di venire in possesso dei medesimi atti. Nella seduta del Consiglio Comunale del 16 giugno invece, sembrerebbe che il Revisore dei Conti, organo terzo, chiamato ad esprimere il parere fondamentale sugli atti contabili sottoposti alla volontà Consiliare, sia entrato in possesso di una proposta di delibera diversa da quella REDATTA, SOTTOSCRITTA, VALIDATA e messa, poi, a disposizione dei Consiglieri per l’approvazione del rendiconto di gestione.

Diversamente non può essere detto se si muove dalle seguenti semplici considerazioni: a. il revisore dei conti riceveva, in data 18.05.23, gli atti contabili del celebrando consiglio comunale. Nei documenti inviati vi era anche la proposta di deliberazione al rendiconto di gestione 2022; b. i Consiglieri Comunali, invece, ricevevano a mezzo Pec, in data 8 giugno ’23, quella che sarebbe dovuta essere la medesima proposta di deliberazione al rendiconto 2022 rimessa all’organo di revisione; c. la proposta consegnata ai Consiglieri, tuttavia, fatto per lo meno singolare, veniva preparata (materialmente anche redatta) dagli uffici comunali questo dicono le carte – soltanto il 7 giugno 2023; d. le due date diverse (18.05.23 e 07.06.23), i pareri contabili interni allegati all’atto e gli altri riferimenti burocratici  farebbero ipotizzare l’esistenza concreta di due proposte di deliberazione consiliare diverse.

Doveroso domandarsi ora quale delle due sia poi stata approvata in Consiglio Comunale. In ogni caso, sia nella prima, quanto nella seconda ipotesi i conti non tornerebbero per ragioni che meriterebbero ulteriore approfondimento. Ora i fatti appena esposti, da soli, sarebbero già indicativi di un vero pastrocchio. Ma tali circostanze, seppur singolari, sempre ossequiosi della famosa legge di “Murphy”, sono state trattate dal Governo cittadino nel peggiore modo possibile. Ebbene, la cruda cronaca degli accadimenti, pone in evidenza, non solo un atteggiamento di spavalderia da parte della Maggioranza Scoglio, ma anche di chiara incoscienza se si tiene in considerazione la segnalazione del vizio cennato da parte di ben due consigliere di minoranza. Opportuno sarebbe stato affrontare la questione con il beneficio del dubbio, anziché, senza valutare il rischio connesso, approvare a scatola chiusa la scadenza contabile. E per tornare all’incipit iniziale, ci viene da ripetere: Succedono cose strane in Consiglio Comunale!

Il Sindaco «mette» in «castigo» il Consigliere maleducato in tre atti.

Tra le stranezze singolari che possono capitare di vedere frequentando le stanze dei bottoni del Comune, succede persino di assistere a quelle scaramucce tipiche dei giochini da bambini «guardie e ladri», dove il Sindaco, che in maniera inflessibile ed autoritaria, redarguisce una «marachella» realizzata da una consigliera di minoranza rea, a suo dire, di disturbare i lavori del consiglio.

L’episodio, si sarebbe sviluppato secondo la seguente dinamica:

atto primo: la Consigliera D’Andrea, ricevuta la bocciatura, con i «muscoli» (i voti) della maggioranza, a una pericolosa pregiudiziale, decideva, ipotesi più che legittima, di accomiatarsi dai lavori del consesso. Dichiarava la propria assenza e andava via. Fin qui nulla di strano!

Atto secondo: Poco dopo l’abbandono della riunione da parte della Consigliera D’Andrea, il Sindaco cominciava a discutere del rendiconto di gestione, dei più che positivi accertamenti finanziari all’evasione conseguiti, del maggior gettito di entrate e di altri straordinari risultati raggiunti. Durante l’invettiva della Fascia Tricolore, faceva nuovamente capolino (crediamo esista ancora la libertà di muoversi in autonomia) nella sala la Consigliera D’Andrea, pensiamo in veste di «privata cittadina» atteso il chiaro segnale lasciato al consesso attimi prima. In tale circostanza, la stessa, portata assente dalla discussione (così come giusto fosse), si accingeva ad accomodarsi tra i banchi riservati al pubblico, nel rispetto delle regole della buona creanza, per proferire parola con uno spettatore.

La dinamica, pur controllata dall’occhio vigile del Presidente del C.C., inizialmente, non suscitava particolari clamori. Nelle more degli accadimenti, tuttavia, il Sindaco, evidentemente infastidito da quanto accaduto, interrompeva di botto il proprio intervento, e stizzito cominciava un acceso conciliabolo con la Consigliera D’Andrea. Nello scambio delle diverse posizioni, il Sindaco accusava pure la D’Andrea di «svalutare» – forse svilire – la posizione di Consigliere, perché il suo atteggiamento (ovvero, a suo dire – questo abbiamo capito – quello di essersi accomodata tra il pubblico) non sarebbe stato confacente alla carica istituzionale e il piglio mostrato avrebbe mancava di rispetto al Consiglio. Tutto risolto? Ma neppure per sogno! Finito il diverbio, la Consigliera, le cui intenzioni non erano quelle di partecipare al punto in approvazione e tantomeno, ipotizziamo, disturbare, usciva.

Atto terzo: Correndo il rischio di essere ripetitivi, chiamiamo ancora in causa il nostro amico Murphy (quello della legge) enunciando il seguente corollario giustissimo: quando le cose vanno male, possono sempre peggiorare! E visto che le cose «da male» hanno sempre il tempo di finire in «peggio», succede pure che a fronte di ciò che ovunque (e a chiunque) sarebbe apostrofato come uno scivolone, non soddisfatto, il Primo Cittadino, rimproveri, a lavori momentaneamente e di fatto sospesi, con accesa verve, anche un malcapitato giornalista tra il pubblico, responsabile di avere licenziato i fatti occorsi, riferendosi soprattutto ai toni usati contro D’Andrea, come una caduta di stile. Ciliegina sulla torta, forse ormai chiaro che l’intermezzo inscenato si poteva evitare, per giustificare il “richiamo” al Consigliere, chiamando l’intero Consesso a testimone oculare, l’episodio veniva finalmente battezzato come il più classico degli equivoci e tornava il sereno.

Ma quale Democrazia partecipativa… piuttosto: «fa come dico, non fare quel che faccio».

 Ma le stranezze non finiscono qui! Succede perciò che il Capogruppo di maggioranza, consigliere anche egli con molteplici deleghe, da sempre sostenitore del concetto di «democrazia partecipata», concetto in cui giura di credere, dia un calcione ai più elementari diritti delle minoranze ( e della stessa maggioranza), imponendo, a fronte di una interrogazione estemporanea (istituzionalmente contemplata dal regolamento consiliare), al Consigliere Laurenza, desideroso di rispondere ed evidentemente preparato sull’argomento, il bavaglio perché sfornito, a suo dire, del potere esecutivo che di norma è riservato all’Assessore.

E qui ci viene letteralmente il mal di testa, perché la tanto proclamata «condivisione» e «democrazia», vengono rapidamente sostituite con una insensata e gratuita dimostrazione di forza. Ma non contento di avere già una volta mostrato i muscoli, il Consigliere Stèfano, sul finire della seduta, consentiva, come se fosse il direttore d’orchestra di maggioranza ed opposizione, allo stesso Consigliere di poco prima, quello per intenderci sempre sfornito dei poteri di assessore, di rispondere un’altra interpellanza questa volta calendarizzata. Confusione o convenienza? Sicuramente non democrazia partecipativa.

Ora, ogni ulteriore considerazione può apparire superflua e a dire il vero la ripetizione del “succedono cose strane in consiglio comunale” ci ha fatto un po’ noia, fatti i dovuti scongiuri, da umili osservatori, volando basso e giocando con i nostri limitati erudimenti  letterari, riaffiora, curiosamente alla mente un passo del romanzo “Così parlò Bellavista”: «Guagliù statem’a sentì, questo è il bene [Disegnando alla lavagna un punto interrogativo] e questo è il male [Disegnando un punto esclamativo]. Il bene è il dubbio, quando voi incontrate una persona che ha dei dubbi state tranquilli, vuol dire che è una brava persona”

Ebbene, dopo un anno… quanti i punti esclamativi e quanti quelli interrogativi?

Continua…?