Omicidio Fidaleo, Giuseppe Molinaro rinuncia a comparire davanti al giudice.
Secondo la Procura il movente del gesto di Molinaro sarebbe da ricondurre alla gelosia nutrita dal militare nei confronti della Mignano.
TEANO / CASTELFORTE (Elio Zanni) – Attendevano tutti, la scorsa settimana, negli uffici della Procura della Repubblica di Cassino: Giuseppe Molinaro. L’ex brigadiere dei Carabinieri di Teano accusato di aver ucciso il 7 marzo 2023 il direttore dell’albergo Nuova Suio Giovanni Fidaleo e di aver ferito gravemente la 30enne Miriam Mignano, la donna con la quale l’ex militare aveva concluso da poco tempo una relazionale sentimentale.
Molinaro aveva chiesto di rilasciare dichiarazioni spontanee al sostituto procuratore Chiara D’orefice, il magistrato che nei giorni scorsi aveva concluso le indagini preliminari sul suo conto con le accuse di omicidio volontario, tentato omicidio, stalking e furto del telefonino della donna ferita.
Ma, spiazzando tutti e tutti i pronostici, l’ex Carabiniere ha preferito rimanere nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere dov’è recluso dalla tragica sera del delitto dell’uomo originario di Itri ma da anni residente a San Giorgio a Liri.
Attraverso i suoi difensori l’ex Carabiniere ha fatto sapere di rinunciare all’interrogatorio, richiesto dopo la chiusura indagini, per il peggioramento, nel frattempo, del suo quadro clinico. La difesa dell’ex brigadiere (uno dei legali, l’avvocato Paolo Maria di Napoli) sta valutando l’ipotesi di affrontare il processo con il rito ordinario – per la Procura non ci sono motivazioni che possano far ipotizzare il contrario – o con quello abbreviato, condizionato, però, allo svolgimento di una perizia psichiatrica, istanza, quest’ultima, negata dal Riesame prima e dalla Cassazione poi dopo in sede di convalida della sua misura cautelare.
Secondo la Procura il movente del gesto di Molinaro sarebbe da ricondurre alla gelosia nutrita dal militare nei confronti della Mignano. Se Fidaleo venne ucciso con 4 colpi d’arma da fuoco, di cui tre tra l’addome ed il torace ed uno sulla mascella destra – e da qui l’imputazione di omicidio volontario ma senza alcuna aggravante – la Procura invece, l’ha considerata per il secondo capo d’imputazione: il tentato omicidio nei confronti della Mignano, la trentenne guardia giurata di Castelforte ferita gravemente all’addome e all’altezza del seno sinistro e in fin di vita per diversi giorni al Policlinico Gemelli di Roma per quello che la Procura definisce essere stato un agguato.