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«Cambiare si può», Ariane dalla prigione dell’obesità al trail running sul Vesuvio.

Con Run Lab di Vanacore, la podista tedesca ha trasformato la corsa in uno strumento di rinascita.

VILLA LITERNO / CASAVATORE (Pietro De Biasio) – Ci sono gare che ti segnano. E poi ci sono gare che ti salvano. Ariane Von Treeck, 59 anni, tedesca di nascita ma italiana d’adozione dal lontano 1987, sposata con un napoletano e madre di due figli ormai grandi, ha trasformato la corsa in qualcosa di molto più profondo di una semplice attività sportiva. Per lei ogni allenamento è un viaggio dell’anima, che comincia ben prima di indossare il pettorale e non si conclude mai davvero sulla linea del traguardo, né tanto meno con un’occhiata al cronometro. Perché la corsa, per lei, non è solo uno sport.

È diventata un nuovo modo di vivere. Un linguaggio per dire al mondo: «ce l’ho fatta». E anche quando il fisico vacilla, come con la protesi all’anca o il recente infortunio al piriforme, lo spirito resta dritto, come nelle salite più dure. «Finché posso, io corro. E quando non potrò più, ringrazierò per tutto ciò che ho corso». La sua storia non è quella di una podista da classifica. È la storia di una donna che ha scelto di vivere, quando tutto sembrava spingerla verso il contrario. Era il 2020. Il mondo si chiudeva per la pandemia e Ariane si chiudeva nel proprio dolore. Guardarsi allo specchio, salire tre gradini, camminare pochi metri: tutto era diventato impossibile. Non per pigrizia, ma per quei 143 chili che si portava addosso come un’armatura costruita nel tempo.

Obesità grave, binge eating disorder (Bed), depressione, e un passato difficile che le mangiava la voglia di futuro. «Mi vergognavo persino di immaginare i portantini costretti a trasportare il mio corpo» racconta oggi, con una serenità conquistata a denti stretti. «Quel giorno ho pianto. Ma qualcosa in me ha deciso che non poteva finire così». La svolta è arrivata con un gesto semplice: camminare. Non corse, non miracoli, non magie. Camminare sul posto, seguendo video su YouTube, 15 minuti al giorno. Poi 20, poi 40, poi un’ora. La mente si liberava a ogni passo, il cibo perdeva potere, il corpo si alleggeriva. «Camminare mi ha restituito il respiro dell’anima», dice oggi Ariane. «Era il mio rifugio. In quel silenzio, i mostri del bed facevano meno rumore». Il peso calava, l’energia cresceva, la vita si riapriva.

Ariane, con pazienza certosina, si è ritrovata a partecipare a una 10 km, poi a una mezza maratona. A RomaOstia ha camminato tutti i 21,097 km in 2h45’. Poi la Walking Marathon sulla via Francigena: 42 km. Una nuova identità prendeva forma, chilometro dopo chilometro. Ma c’è sempre qualcuno che ti cambia la traiettoria. Per Ariane è stato Antonio, il personal trainer che l’ha presa in carico per aiutarla a ricostruire muscoli e fiducia dopo la perdita di 80 kg. «Ari, devi correre», le diceva. E lei: «A 57 anni non si comincia a correre». Ma poi è arrivata la frase che ha aperto una breccia: «Ti pentirai di non averlo almeno provato». Così Ariane ha provato. Prima pochi minuti, poi chilometri. Poi ancora due mezze maratone in tre mesi. E infine, il colpo di fulmine: il Trail del Vesuvio. «Quella montagna è il simbolo della mia vittoria. È lì che ho capito che potevo fare cose toste. Non c’erano più limiti, solo voglia di salire. Di salire sul Vesuvio e nella vita». Non si contano più le gare: le 10 km quasi ogni domenica, la 10 Miglia di Aversa, una decina di mezze maratone (due in Germania), trail sul Monte Faito, walking marathon sul Monte Amiata, chilometri su chilometri, salite e discese, strade e sentieri. Ma sempre con una bussola nel cuore: quel primo Trail sul Vesuvio, la corsa che le ha dato la libertà.

Fino all’ultimo stop, lo scorso anno, con una frattura all’anca e una protesi da portare con coraggio. Poi, sei settimane fa, un infortunio al piriforme. Il corpo, a volte, ricorda le ferite. Ma Ariane ha imparato a rispondere con testa e cuore. Ora sogna in grande, ancora. A fine maggio correrà i 30 km della Vesuvius Ultra Marathon. A giugno l’Ecomaratona sull’Acquedotto Carolino. E a settembre, Berlino: la Maratona, quella vera. E poi, un giorno, la Tuscany Crossing da 103 km. Altri trail, altre montagne, altre vette da accarezzare. Nel frattempo, Ariane porta la sua energia anche nella squadra, la RunLab del presidente Lorenzo Vanacore: «Correre in gruppo è un dono. Sentirsi parte di una famiglia, dare un contributo, anche piccolo, è qualcosa che va oltre il cronometro». Nella squadra ha trovato un secondo motore.

E nella Giornata Mondiale dell’Obesità che si celebra ogni anno il 4 marzo, il suo messaggio è stato chiaro e potente: «Il problema non è solo la dieta. Sedentarietà, stress e cibo come rifugio sono la vera trappola. Cambiare si può. È facile? No. Ma si può fare. Lo sport può diventare il tuo più grande alleato». Qualcosa che va oltre il cronometro. Il tempo, in fondo, è un dettaglio. Lo dice anche lei, con una frase che sembra una poesia: «Preferisco mille volte qualche dolorino durante una corsa felice, che l’angoscia davanti a un piatto di pasta». Perché la corsa è libertà. Perché correre è vivere. E Ariane Von Treeck ha imparato a vivere correndo. Se il fisico glielo permetterà, sul Vesuvio ci sarà sempre. Tra le braccia del suo vulcano. A ricordare al mondo che si può rinascere, un passo alla volta.